ll provocatorio pamphlet "Chiudiamo le scuole” di Giovanni Papini apparve nel 1914 sulla rivista Lacerba, da lui fondata insieme ad Ardengo Soffici, che divenne organo culturale del futurismo italiano fino all’entrata in guerra dell’Italia. Scrittore, letterato e filosofo controverso, Papini anticipò i temi della crisi della scuola in una società di massa: in particolare rilevò l’inadeguatezza degli ambienti scolastici, l’immobilità del sapere e un sistema non in grado di educare l’individuo raggiungere consapevolezza e libertà. Inoltre Papini denunciò il fine utilitaristico dell’alfabetizzazione delle masse imposto dallo Stato, volto a creare una forza lavoro servile attraverso la mortificazione dell’individuo costretto ad una rigida disciplina in ambienti che “murano” i sensi e che inibiscono il libero sviluppo della personalità dell’individuo (così come negli scopi della Legge Casati del 1859). Nel 1923 la Riforma Scolastica di Giovanni Gentile costituì la prima serie organica di atti normativi varata in Italia con ampio spazio alla formazione classica e umanistica in linea all’idea fascista. Nonostante il grande numero di decreti e norme varati dagli anni ’70 in poi, l’istruzione italiana risente ancora di alcuni antichi elementi critici che si riflettevano, oltre che nei contenuti anche nella progettazione degli edifici scolastici.