Testo anche in inglese. - DDOI: http://dx.doi.org/10.12838/fam/issn2039-0491/n59-2022
Abstract
L’esperienza di Livio Vacchini assume una prospettiva radicale e particolarmente problematica, soprattutto se riferita al rapporto tra disegno e ricerca delle forme dell’architettura. Vacchini rifuggiva dallo schizzo come luogo di formazione delle idee. Considerando il progetto come costruzione del pensiero, tra domande e temi posti, il suo tavolo di lavoro era “abitato” piuttosto da schemi, segni, parole. I suoi disegni invece – quegli ideogrammi iconici che narrano i concetti delle sue architetture – sono ben noti. A volte Vacchini ricorreva allo schizzo per descrivere la “struttura” compositiva di alcune sue opere. Lo faceva durante le sue lezioni. Fluendo dalla mente e attraverso la mano, i suoi segni non costruiscono immagini compiute o dotate di una qualche iconicità, permettendoci piuttosto di ripercorrere con stupore le traiettorie del suo pensiero.