Se ammettiamo che l’ambiente sia il terzo educatore, al di là delle diffe-renti implicazioni pedagogiche che questo comporta, sarebbe necessa-rio riflettere su come la concezione che attraverso il progetto si esplicita negli edifici costruiti contribuisca a definire tale specifica attitudine e do-mandarsi in che modi la spazialità architettonica e le sue relazioni con la vita del bambino possano venir declinate dal punto di vista strettamente disciplinare. Questo rispettivamente per il carattere che ogni scelta spa-ziale e distributiva intrinsecamente contribuisce a definire, non meno che per la transitività che l’architettura riveste in termini culturali nella costru-zione dell’identità di ciascuno.