L'autore esamina la crisi del sistema universitario italiano nel contesto della più generale crisi economica e finanziaria. Si evidenzia come le manovre finanziarie degli ultimi 4 anni abbiano pesato negativamente sul nostro Ministero dell'istruzione università e ricerca con un taglio di 1,4 m. di euro sul fondo di finanziamento ordinario degli atenei italiani, a differenza di altri paesi europei che hanno invece incrementato le risorse per la ricerca e lo sviluppo (R&S), come risulta dai dati Ocse del 2009 riportati dall’autore, al fine di promuovere, valorizzare e diffondere la ricerca e l'innovazione per la competitività. A livello internazionale la nuova economia, basata sullo sviluppo pervasivo della conoscenza, attribuisce un ruolo fondamentale agli istituti di formazione e ricerca, e in particolare ai distretti produttivi e ai poli scientifici e tecnologici. In Italia la formazione di questi cluster produttivi potrebbe avvalersi di una fitta rete di città medie, sedi di università, dove si sono sviluppate attività del settore high-tech, anche in assenza di un valido sostegno da parte dello Stato. L’autore evidenzia come caso positivo di cooperazione produttiva tra atenei e attori economici quello della regione urbana della pedemontana lombarda che ha il suo fulcro a Milano, con le 4 università sostenute da banche locali, camere di commercio, associazioni imprenditoriali e aziende. Secondo l’autore l’unica via per uscire dalla fase recessiva dei distretti economici italiani è quello di attivare politiche orientate alle knowledge based economies, dove le università possono giocare un ruolo fondamentale come leva di sviluppo per l’innovazione. L’articolo è corredato da note esplicative e da riferimenti bibliografici.
