Struttura, obiettivi e critiche al nuovo Piano Generale del Territorio di Milano, naturale evoluzione di un processo apertosi con la Legge Verga nel 1986 e al definitivo superamento di ogni aspetto pianificatorio basato sul primato del progetto e la visione operativa della perequazione urbanistica. Il PGT è articolato in tre strumenti: il piano vero e proprio, quello delle regole (destinazioni d’uso e definizione degli indici territoriali) e quello dei servizi (notevolmente ampliati). Partendo dal principio che il suolo è una risorsa scarsa l’obiettivo è crescere (di circa 400mila residenti) senza consumare altro territorio, scendendo anzi dall’attuale quota di occupazione del 73 al 65.Alla densificazione abitativa e al parallelo sviluppo delle altre funzioni urbane e metropolitane si accompagnerebbero peraltro un aumento del verde pro-capite, previsto al 2030 in 30 mq (il triplo dell’attuale) e nella dotazione di trasporto pubblico (per es. nei trasporti su ferro si passerebbe da 75 a 200 Km, da 88 a 226 stazioni). Milano verrebbe a comporsi di 88 nuclei di identità locale caratterizzati da alti livelli di “walkability” in 4 ambiti concentrici (bastioni, navigli, viali, cascine). Tutto questo grazie al concorso dei privati e alla sviluppo di un mercato dei diritti edificatori promosso dalla perequazione, sotto la regia pubblica. Pienamente appoggiato dalle forze imprenditoriali e da coloro che scommettono sul mercato, il PGT desta preoccupazioni in operatori che vedono nell’attuale situazione e nell’invenduto una condizione di obiettiva difficoltà ma le scelte del PGT sono criticate da chi ritiene Milano già eccessivamente edificata e da chi vede in questo piano l’assenza di strategie metropolitane e di politiche attive piuttosto che il pericolo di una realizzazione a più velocità, coi progetti meno business-oriented al palo in un definitivo smantellamento degli equilibri urbanistici.